l’intervista

Agrofarmaci: quali sono i rischi per i cibi che mettiamo in tavola?

di Chiara Amati

Il biologico continua a crescere. Con una superficie agricola dedicata pari a 2,3 milioni di ettari e una spessa complessiva che sale a 3,7 miliardi di euro, l’Italia è tra i maggiori produttori. Ma i cibi da agricoltura biologica che mettiamo in tavola sono salutari? Di questo abbiamo parlato con Riccardo Vanelli, presidente di Agrofarma-Federchimica

Agrofarmaci: quali sono i rischi per i cibi che mettiamo in tavola?

Record storico per il biologico in Italia, con una spesa complessiva che sale a 3,7 miliardi di euro, una superficie agricola dedicata pari a 2,3 milioni di ettari (+7,5 per cento) e un incremento degli operatori del settore — 75800, il numero più alto tra i Paesi del’Unione Europea — del 7,7 per cento. Dati importanti stando a quanto è emerso dall’analisi che Coldiretti ha presentato all’Assemblea di Federbio a Palazzo Rospigliosi sulla base dei dati Bio in cifre 2023 del Sinab e del Ministero dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare. A dimostrazione del fatto che l’agricoltura italiana è «la più green d’Europa». A tal proposito, le elaborazioni Coldiretti dei dati dell’ultimo rapporto pubblicato da Efsa nel 2022, quello relativo ai dati nazionali dei residui di pesticidi, offrono uno spaccato della presenza dei loro residui su frutta, verdura, cereali, prodotti per l’infanzia, olio e vino e altri prodotti analizzati da ciascuno dei Paesi dell’Unione sul proprio territorio. Si comprende che i cibi e le bevande stranieri sono oltre sei volte più pericolosi di quelli nostrani, con il numero di prodotti agroalimentari con residui chimici irregolari oltre il limite di legge che in Italia è stato pari al 6,4 per cento nei prodotti di importazione, rispetto alla media dello 0,6 per cento dei campioni di origine nazionale. Di questo, di agricoltura biologica e agrofarmaci abbiamo parlato con Riccardo Vanelli, presidente di Agrofarma - Federchimica.

Presidente, che cosa si intende per agricoltura biologica?

«Per agricoltura biologica si intende un metodo di produzione agricola che risponde a specifici requisiti normativi, disciplinati dal Regolamento UE 2018/848. Per quanto riguarda la difesa, lo stesso Regolamento definisce quali sono gli agrofarmaci utilizzabili per questa tipologia produttiva, a cui si può ricorrere qualora le buone pratiche agricole adottate o gli strumenti di difesa fisica o meccanica non siano risultati sufficientemente efficaci. Va, inoltre, evidenziato che l’iter autorizzativo degli agrofarmaci è sempre il medesimo, sia che si tratti di agrofarmaci impiegabili in agricoltura biologica, sia che si tratti di agrofarmaci di sintesi. Crediamo che l’agricoltura biologica debba essere considerata, al pari delle altre metodologie agricole, una componente importante di un sistema agroalimentare moderno, sostenibile e integrato e, per questo motivo, siamo da tempo impegnati nella messa a punto di prodotti che possano rispondere adeguatamente alle esigenze degli agricoltori che scelgono questa tipologia produttiva».

Quando parla di agrofarmaci si riferisce anche ai pesticidi?

«In realtà sì perché sono sinonimi. Si tratta di composti usati per la lotta contro animali dannosi (insetti, acari, nematodi, ecc.), infezioni fungine o piante infestanti. Noi preferiamo usare il termine agrofarmaco perché meglio chiarisce la natura e il fine dei prodotti usati in agricoltura: esattamente come le medicine per l’uomo, gli agrofarmaci curano le piante, rendendo le coltivazioni più sane e con maggior resa, sia quantitativa che qualitativa».

A che punto è l’Italia sul fronte della ricerca?

«Da tempo l’industria ha avviato un percorso di grande attenzione alla sostenibilità e alla professionalizzazione dell’intero comparto per rispondere alle esigenze di cittadini, agricoltori e istituzioni. Siamo da sempre impegnati in attività di ricerca e sviluppo, ogni anno investiamo in Italia circa 60 milioni di euro (che equivalgono al 6 per cento del fatturato contro una media, secondo i dati ISTAT, pari all’1,5 per cento nel comparto industriale), per lo sviluppo e la difesa di prodotti per l’agricoltura. Tuttavia, considerando i costi e i tempi necessari per l’immissione in commercio di un nuovo prodotto (si parla di 10 anni di tempo e più di 250 milioni di € di investimento), la ricerca relativa agli agrofarmaci ha assunto sempre più una dimensione globale, di cui le imprese devono necessariamente tenere conto».

E su quello della regolamentazione degli agrofarmaci?

«Per poter essere immesso in commercio, un agrofarmaco è sottoposto a un rigoroso processo autorizzativo, normato a livello europeo e nazionale, che mira a verificare la rispondenza del prodotto ai più alti standard di sicurezza esistenti al mondo. Non solo, anche dopo la registrazione, sono previste costanti revisioni delle autorizzazioni concesse sulla base dei progressi tecnico-scientifici avuti nel frattempo. Ma va evidenziato che il ciclo di vita di un agrofarmaco è normato in ogni suo aspetto. Oltre al processo autorizzativo, infatti, anche la vendita, l’utilizzo in campo e lo stoccaggio sono regolamentati sia a livello europeo, sia a livello nazionale e, nel caso dell’Italia, anche a livello regionale. Ogni anno, poi, vengono effettuate decine di migliaia di controlli e monitoraggi da diverse autorità che verificano il rispetto di tutte le disposizioni legislative. Si tratta di un sistema che non ha eguali nel resto del mondo e che garantisce un’elevata tutela della salute dell’uomo e dell’ambiente».

L’agricoltura biologica fa uso di agrofarmaci? Con che ricaduta sugli alimenti che arrivano sulle nostre tavole?

«L’agricoltura biologica utilizza agrofarmaci che contengono sostanze di origine principalmente naturale (l’elenco delle sostanze utilizzabili è definito da Regolamento europeo del biologico citato nella prima domanda e contiene sostanze come il rame e lo zolfo), seguendo precisi disciplinari e limiti di legge. In linea con la crescita del comparto e con gli obiettivi stabiliti dalle Istituzioni, le nostre imprese già oggi utilizzano un terzo delle risorse destinate alla ricerca e sviluppo per aumentare sempre più l’offerta di prodotti impiegabili in bio, ma che vengono utilizzati anche in agricoltura integrata. Tutto ciò non deve destare alcuna preoccupazione: tutti gli alimenti, derivanti sia da agricoltura biologica sia da agricoltura integrata, sono assolutamente sicuri».

Qual è l’iter di approvazione degli agrofarmaci in Italia e in Europa?

«Il processo autorizzativo europeo è il più stringente al mondo. L’iter di approvazione degli agrofarmaci è definito dal Regolamento (CE) n. 1107/2009 che specifica i requisiti, le fasi, le istituzioni e gli enti scientifici coinvolti nell’intero processo. Si ha, infatti, una prima fase autorizzativa della sostanza attiva, che viene gestita a livello europeo, e una seconda fase, relativa alla registrazione del prodotto agrofarmaco, condotta a livello nazionale. In Italia gli agrofarmaci sono approvati tramite un decreto del Ministero della Salute, di concerto con il Ministero dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare e con il Ministero dell’Ambiente».

Come si posiziona l’industria italiana degli agrofarmaci in quanto a sicurezza?

«L’Italia è leader nella sicurezza alimentare, lo dicono anche i dati pubblicati dall’EFSA (l’Autorità europea per la sicurezza alimentare), che nel suo ultimo report sui residui di agrofarmaci negli alimenti ha confermato che, tra i produttori europei, gli italiani sono tra quelli che offrono gli alimenti più sicuri ai propri consumatori. A ulteriore conferma ci sono anche i dati del Ministero della Salute che, anche nell’ultimo report sui residui negli alimenti in Italia (dati 2021), conferma il primato del nostro Paese, con un numero di campioni analizzati estremamente alto e campioni risultati regolari o con residui non rilevabili nel 99,3 per cento dei casi (dati 2021)».

L’industria degli agrofarmaci rispetta l’ambiente? In che modo?

«Per Agrofarma lavorare alla costruzione di un sistema agroalimentare sostenibile e rispettoso dell’ambiente significa favorire la tecnologia e l’innovazione scientifica, supportando l’adozione di strumenti di agricoltura digitale e di precisione per un uso sempre migliore degli agrofarmaci, in grado di garantire la sostenibilità anche dal punto di vista economico e sociale. Gli investimenti in ricerca citati poco fa ci hanno permesso di individuare molecole sempre più efficaci e meno impattanti. Non va, inoltre, dimenticato il costante impegno per la formazione e la professionalizzazione del settore, al fine di garantire un uso corretto e sicuro degli agrofarmaci. Il che ha portato a una continua ottimizzazione delle quantità utilizzate. Tale trend è confermato dai dati di vendita degli agrofarmaci che hanno visto una riduzione complessiva del 17 per cento tra il triennio 2010-12 e quello 2019-21. In questo contesto va anche evidenziato come l’utilizzo di agrofarmaci aumenti la resa dei raccolti, consentendo di evitare l’ulteriore utilizzo di altre porzioni di terra e riducendo il fenomeno della deforestazione, a vantaggio della conservazione degli habitat naturali e della biodiversità».

Il ricorso a prodotti chimici è proprio necessario in agricoltura? Perché?

«Il ruolo degli agrofarmaci a oggi è fondamentale per la sicurezza alimentare, intesa non solo in termini quantitativi, ma anche in ottica di igiene alimentare dal momento che evitano, ad esempio, le contaminazioni o lo sviluppo di tossine dopo la raccolta. Secondo uno studio condotto da VSafe, spin-off dell’Università Cattolica di Piacenza, senza l’utilizzo gli agrofarmaci avremmo una perdita nelle rese agricole pari a circa il 70 per cento con conseguenze evidenti non solo a livello economico, ma anche sociale e ambientale. A oggi gli agrofarmaci sono strumenti indispensabili per gli agricoltori nella produzione di cibo sano, sicuro e sostenibile. Ma anche per i consumatori perché consentono loro di disporre di cibo in quantità sufficiente, di qualità e con prezzi accessibili per tutti».

Quali sono le sfide che l’industria degli agrofarmaci intende raccogliere per il prossimo triennio e con quali obiettivi?

«Lo scenario geopolitico odierno ha reso chiara l’importanza strategica della produzione di cibo e di una tutela europea della agricoltura e di tutte le filiere – tra cui quella dei mezzi tecnici – che oggi sono necessarie per renderla competitiva e sostenibile. Il nostro compito come Associazione, quindi, sarà quello di ribadire l’importanza di un’agricoltura integrata, che faccia ricorso a tutti gli strumenti disponibili per garantire la sicurezza e la competitività del sistema agroalimentare europeo, permettendoci di affrontare gli effetti di una crisi epocale e continuare a lavorare in termini di innovazione e sostenibilità. Obiettivo: dare una risposta efficace alle sfide dell’ambiente e della crisi climatica, altrettanto incombenti. A questo proposito, a livello europeo ci siamo impegnati volontariamente a investire in ricerca e sviluppo oltre 4 miliardi, entro il 2030, per lo sviluppo di nuovi prodotti utilizzabili anche in agricoltura biologica e 10 miliardi per lo sviluppo di tecnologie digitali per l’agricoltura di precisione. Questi sono esempi concreti di come stiamo affrontando le sfide del futuro. Parallelamente, continueremo a lavorare per sfatare i falsi miti e le fake news di cui, purtroppo, il nostro settore è spesso oggetto. È necessario che le nostre imprese siano messe in grado di programmare investimenti e attività che richiedono tempi medio-lunghi e ingenti risorse. Per far ciò è imprenscindibile che qualsiasi decisione sia fondata su dati ed evidenze scientifiche e non su posizioni ideologiche».

*Agrofarma è l’Associazione che rappresenta 33 imprese italiane del comparto degli agrofarmaci. È una delle 17 associazioni di Federchimica (Federazione Nazionale dell’Industria Chimica)