Le comunità di Pagnano e Senago ricordano Don Giovanni. Al prete, testimone di fede e umanità, intitolato un piazzale

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Don Giovanni Fumagalli


Domenica mattina le comunità di Pagnano e di Senago si sono unite per ricordare la figura di Don Giovanni Fumagalli. Nella frazione meratese il sacerdote prestò servizio dal 1947 al 1976 (anno della sua morte) mentre prima era stato appunto nella parrocchia milanese. A lui si deve il coraggioso esempio di resistenza durante la guerra, la testimonianza di fede e di umanità anche nei momenti più terribili e pericolosi, la presenza come padre, amico, fratello disposto a dare la vita per il suo gregge.


Domenica è stata la giornata del ricordo, del ringraziamento e della riconoscenza. Una riconoscenza che la comunità di Pagnano ha voluto tributare con una cerimonia molto sobria, come era nello stile di Don Giovanni, ma molto sentita.

Dopo la commemorazione in cimitero, il corteo si è spostato in chiesa per la Messa solenne e infine nella nuova zona residenziale a nord dell'oratorio dove si è appunto svolta la cerimonia per l'intitolazione di "largo Don Giovanni Fumagalli".

La nipote e Aldo De Ponti

Gli amici di Senago

La targa, posizionato su  un masso posto all'interno di un'aiuola verde, è stata scoperta dal sindaco Andrea Robbiani e dalla nipote di Don Giovanni che ha poi letto alcuni pensieri particolarmente cari al sacerdote. Un ricordo dell'uomo e del prete è stato tracciato anche da Cesare Perego e da Nino Pogliani, presidente della XVI^ brigata del popolo, sindaco per due mandati di Senago.

Gli amici di Pagnano

Presente per tutta la mattinata anche Aldo De Ponti che, con Pierino Frignati, è uno degli ultimi ancora viventi che hanno potuto conoscere e apprezzare quanto don Giovanni ha fatto e seminato.

Sull'edizione di marzo 2014 de "L'Informatore" Fr. Lorenzo Mauri così ha tracciato il profilo di don Giovanni Fumagalli:
 
Un rapido sguardo, quasi furtivo, all'immagine che ho dentro di me, di Don Giovanni come parroco, ed ecco presentarsi subito la sua figura alta, imperiosa e un po' imbronciata, severa nel volto, con  le due dita, l'indice e il medio giallastri per la nicotina, tra cui racchiudeva le "Alfa senza filtro", sigarette che tante volte a me e a tanti altri ragazzi chiedeva di comperare dal Pustée; la sua figura alta si allungava nelle prediche (che duravano almeno 40 minuti), assai polemiche, assolutamente mai scialbe, molto ricche di spunti, e soprattutto "dirette", com'era il suo carattere, senza compromessi, tanto da non smorzare i toni neppure durante la celebrazione del suo XXV di parrocchia, ricordando ancora che tutti noi presenti uscimmo di chiesa un po' costernati. Ma don Giovanni non era tipo da fermarsi di fronte alle problematiche che sentiva dover affrontare e presentare ai suoi; un modo per dimostrare che il bene va a braccetto con la verità: un uomo integro, un pastore, un padre. [...]

Un'altra caratteristica di don Giovanni che non posso scordare: stimava e apprezzava, anzi amava, tutte le iniziative che favorissero l'ambiente oratoriano, sia quello femminile, di cui si occupava lui stesso, e quello maschile (don Giovanni era un appassionato di Don Bosco!), dove però operava il suo coadiutore, che all'epoca era don Franco. [...]

Uomo e prete di forti principi, con i quali ha affrontato le varie situazioni della vita, che lo ha visto dare anche una valida testimonianza di coraggio e di amore quando era coadiutore a Senago, tanto da meritarsi il titolo di "ribelle per amore", per aver salvato tante persone che difese dalla prepotenza nazista, che occupava a quei tempi la nostra Italia. Principi schietti e solidi che lo guidavano anche negli anni '60 del boom economico, fonte di benessere, grazie alla fatica di imprenditori e operai e alle altre classi di lavoratori. Anche Pagnano aveva fatto il suo "salto", ma non sarebbero mancati i problemi "sociali" e "morali". Don Giovanni non si era mai perso d'animo e uomo combattivo e intelligente aveva saputo leggere politicamente e socialmente i nuovi fermenti, suggerendo attraverso le prediche delle perle preziose, che i suoi parrocchiani dovevano raccogliere e farle proprie: un aiuto valido per evitare il pericolo della, diremmo oggi, "omologazione", ma ai suoi tempi si chiamava semplicemente "essere pecoroni". [...]


Ogni anno le "Brigate del Popolo" di Senago si recano ad omaggiare don Giovanni Fumagalli qua a Pagnano nei giorni immediatamente precedenti/seguenti il 25 aprile.
Ecco il perché:
 

DAL LIBRO
"MEMORIA DI SACERDOTI RIBELLI PER AMORE 1943-1945"

Nel 1943 sono già otto anni che don Giovanni è coadiutore a Senago, paese di quattromila anime a nord di Milano.

La gente gli vuole bene per la sua semplicità, per il suo parlare franco e lineare, per i suoi atteggiamenti fermi e decisi, che non ammettono compromessi e non si lasciano fuorviare dalle mode dei tempi. Per la sua gente don Giovanni è il custode geloso della libertà di ogni persona ed è il ribelle dichiarato ad ogni forma di ingiustizia e di oppressione.

Dopo l'8 settembre '43 una guarnigione tedesca si insedia a Villa Borromeo. Don Giovanni intuisce subito la gravità della situazione e il dovere di una testimonianza coraggiosa.

Ai suoi giovani parla con chiarezza; afferma il dovere morale di resistere all'ingiustizia, e pone le basi per una concezione cristiana di vita democratica.

I locali dell'oratorio si trasformano in base operativa per azioni di carità verso i renitenti alla leva, i braccati, gli ebrei, che poi, durante la notte, don Giovanni personalmente accom­pagna in luoghi più sicuri. I locali dell'oratorio sono una base operativa anche per studiare e programmare azioni di disturbo agli efficienti apparati nazifascisti, onde affrettarne la sconfitta.

Una notte, dopo una riuscita azione di sabotaggio alle linee telefoniche del Comando Tedesco, i giovani sono riuniti in casa sua per riferire l'accaduto. Sopraggiunge improvvisa una ispezione tedesca. Con prontezza di riflessi don Giovanni permette ai suoi giovani di fuggire dai giardino e poi si presenta alla pattuglia. Risponde con tanta naturalezza all'interrogatorio che evita una ispezione. Sarebbe stato veramente un disastro!

Il gruppo di giovani legato a don Giovanni e da lui educato al valore della carità e della libertà, si collega con la 16a Brigata del Popolo e così aumentano le possibilità di aiutare persone ricercate e di effettuare azioni di disturbo.

Nei giorni della Liberazione don Giovanni, insieme al Par­roco don Piero Vittori, intavola trattative tra i nuclei partigiani e le forze armate tedesche. I tedeschi sono ben armati e vogliono resistere ad ogni costo, minacciando di distruggere il paese in caso di attacco. I partigiani vorrebbero intervenire e imprigio­nare chi per tanti mesi aveva loro negato la libertà.

La personalità morale di don Giovanni, l'ascendente di cui gode presso i suoi giovani, riesce, dopo una estenuante tratta­tiva, ad ottenere che i partigiani non abbiano ad attaccare e che i tedeschi partano senza distruggere il paese e uccidere persone innocenti.

Per la presenza di don Giovanni, anche dopo il 25 aprile '45 a Senago non si effettuano processi sommari, episodi di vendetta, di violenza, di rappresaglia.

Nel 1975 il Comune di Senago conferisce a don Giovanni una medaglia d'oro per la sua eroica e generosa testimonianza durante gli anni della bufera. È il Ministro Marcora (il leggendario comandante partigiano «Albertino») che gli consegna la medaglia.

Don Giovanni muore il 28 marzo 1976.

Un mese dopo, il 25 aprile, il Sindaco di Senago propone che a lui venga dedicata una strada. È l'esigenza di tutto un popolo che vuole esprimere la sua riconoscenza.

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S.V.
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