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Quando un dipendente deve pagare un danno?

24 Maggio 2023 | Autore:
Quando un dipendente deve pagare un danno?

Se involontariamente danneggi qualcosa sul posto di lavoro devi pagare i danni? Può l’azienda trattenerti una somma dallo stipendio?

Uno dei dubbi più comuni nell’ambito delle relazioni di lavoro riguarda la responsabilità del dipendente per i danni procurati all’azienda nell’esercizio delle proprie mansioni. In particolare, ci si chiede spesso quando e come il datore di lavoro può chiedere un risarcimento danni al suo dipendente. Ed in tal caso sarebbe legittimato a trattenere l’importo dallo stipendio? Si tratta di una questione delicata, che implica l’equilibrio tra i diritti del datore di lavoro e quelli del dipendente. In questo articolo, cercheremo di fare chiarezza su questo argomento, esplorando la legge, i precedenti giudiziari e fornendo esempi pratici.

Quando il dipendente è responsabile per un danno all’azienda?

Il dipendente è responsabile per un danno causato all’azienda solo se il danno è causato intenzionalmente o per negligenza. Per esempio, se un dipendente rompe una macchina durante l’uso regolare, senza alcuna negligenza o intenzione di causare danno, il datore di lavoro non può richiedere un risarcimento. Tuttavia, se il danno è causato dall’inosservanza delle regole aziendali o dal mancato rispetto delle norme di sicurezza, il datore di lavoro ha diritto a un risarcimento.

Bisogna fare molta attenzione però al grado di esperienza che ha il dipendente e alla formazione che gli è stata impartita. Più volte la Cassazione ha detto che il lavoratore che realizza un danno non ne è responsabile se non è stato adeguatamente istruito sui compiti o sugli attrezzi in dotazione o se il suo grado di specializzazione non è tale da consentire di richiedergli un alto livello di preparazione. 

Inoltre il danno non deve avere come concausa l’usura, anche in presenza di un uso improprio. Si pensi al dipendente che bruci la frizione su un veicolo comunque abbastanza vecchio.

Dunque, prima ed essenziale condizione affinché un dipendente possa esser responsabile per un danno arrecato all’azienda è il cosiddetto rapporto di causalità: in altri termini il danno deve essere conseguenza immediata e diretta del dolo (la malafede) o della colpa (ossia la negligenza, l’imprudenza o l’imperizia) del lavoratore. Il livello di colpa va valutato con maggior rigore nel caso di lavoratori altamente qualificati o con funziona apicali.

Da ciò ne deriva che nessun dipendente può essere tenuto a risarcire un danno cagionato da colleghi o da altri dipendenti che il datore non è riuscito a individuare. L’azienda non può cioè spalmare su tutti i lavoratori il danno realizzato da uno solo.

Come si determina l’importo del risarcimento?

Spetta a chi chiede il risarcimento fornire la prova:

  • della condotta illecita del lavoratore;
  • del danno collegato alla condotta illecita;
  • del rapporto di causalità tra la condotta e il danno;
  • dell’importo del danno.

Tuttavia non può essere il datore di lavoro a liquidare l’ammontare del danno in modo unilaterale. Il datore infatti non è imparziale; potrebbe farlo solo se c’è l’accordo con il lavoratore. 

Pertanto, la liquidazione del danno deve essere demandata al giudice: in particolare il datore deve fare causa al dipendente affinché sia il tribunale a definire l’entità della somma che deve essere risarcita.

Può il datore fare una trattenuta sulla busta paga del dipendente?

Da quanto abbiamo appena detto deriva una conseguenza molto importante: se prima non c’è una sentenza che liquida l’ammontare esatto del danno, il datore di lavoro non può fare una trattenuta sullo stipendio del dipendente per compensare il danno subito. E ciò perché tale danno non è stato ancora liquidato e accertato con certezza. 

Del resto la quantificazione del danno è un processo complesso che richiede la valutazione di vari fattori e l’ausilio a volte di periti. 

Solo una volta liquidato il danno prodotto dal dipendente da parte del giudice, il datore di lavoro può trattenere l’importo del risarcimento dallo stipendio del dipendente o dal TFR. A torto si ritiene che la trattenuta non possa superare un quinto dello stipendio del dipendente, ma così non è. Il limite del quinto vale solo in caso di pignoramento: invece la compensazione di un credito con un debito può anche essere integrale. Il che significa che il datore potrebbe evitare di erogare l’intero stipendio se il risarcimento liquidato con sentenza dovesse essere di importo pari o superiore.

Quali sono le conseguenze per il dipendente che causa un danno all’azienda?

Se un dipendente causa un danno all’azienda, il datore di lavoro può intraprendere, oltre all’azione di risarcimento del danno (o in alternativa ad essa), anche un procedimento disciplinare che potrebbe culminare con un richiamo scritto, una sospensione o, nella peggiore delle ipotesi, con il licenziamento (per giusta causa o giustificato motivo soggettivo). Prima però è necessario l’avvio di un procedimento disciplinare, con una comunicazione scritta inviata a mezzo raccomandata, dando al dipendente 5 giorni di tempo per presentare le difese. 

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