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  Artenova Terrecotte - NEWSLETTER n. 2 - Febbraio 2024                                                  View this email in your browser
DOPPIA INTERVISTA A FRANCESCO BARTOLETTI E AD ADRIANO ZAGO
 
Anfora di terracotta, l'insostituibile

unicità di un materiale puro   
Con questa doppia intervista a Francesco Bartoletti e ad Adriano Zago, enologi, consulenti, con esperienze di collaborazioni internazionali, nonché esperti conoscitori dell'utilizzo dell'anfora per il vino, Artenova si rivolge a tutto il mondo enologico contemporaneo per ribadire il  valore di un materiale unico e insostituibile le cui caratteristiche fisiche consentono di ottenere ottimi risultati nella vinificazione e conservazione del vino: la terracotta.

Adriano Zago

Quando si parla di anfore oggi le parole d’ordine sembrano essere provare, sperimentare e adattare. Quanto il produttore che utilizza le anfore è legato a una filosofia di produzione o piuttosto a un preciso obiettivo enologico?

"Sempre di più vedo produttori orientati ad utilizzare le anfore per dei precisi scopi legati alla qualità del vino e conoscendo sempre meglio quali sono le caratteristiche tecniche che le anfore possono dare. E’, al tempo stesso, innegabile che la fascinazione di un materiale così puro e antico come l’ argilla spinge il produttore ad utilizzare l’anfora in un processo di grande artigianalità nella quale l’essere artista incontra l’essere agricoltore".

Per chi lavora in regime biologico o biodinamico, la terracotta ha portato tanti produttori nel mondo ad avvicinarsi a questo materiale. Cosa in particolare ne ha incoraggiato il suo utilizzo? E cosa, invece, può spingere all'utilizzo della terracotta chi fa una produzione convenzionale?

"Nel caso dei produttori che hanno abbracciato concretamente i metodi che esaltano e creano fertilità nei suoli e salute nelle piante la scelta dell’anfora è spesso una spontanea prosecuzione di scelte che fanno parte di una enologia al servizio dell’esaltazione dell’unicità del terroir.  Per un produttore convenzionale che guarda con curiosità verso alterative di minore impatto sul vino, l’anfora può rappresentare un punto di partenza molto interessante in quanto la neutralità nella degustazione rispetto a un legno permette al produttore di indagare con maggiore leggibilità il proprio terroir".

Per il rapido affermarsi del vino in anfora che peso ha avuto la capacità di differenziarsi sul mercato rispetto a una certa stanchezza gustativa legata ai vini invecchiati nel legno?

"I consumatori di quasi tutto il mondo chiedono vini più leggeri, meno marcati da una enologia invasiva che spesso è anche riconosciuta in un apporto di legno molto riconoscibile. L’anfora in questo caso se abbinata a tecniche di vinificazione poco estrattive, può rappresentare un grande binomio vincente".

Il produttore che utilizza le anfore è cosciente delle differenze tra terracotta, materiali ceramici e gres?

"Trovo che sempre di più i produttori e i tecnici hanno appreso le differenze tra questi contenitori conoscendo le specificità in modo sempre più approfondito. Anfore, gress, materiali ceramici trovano il loro migliore uso quando il produttore conosce bene le proprie uve e ha le idee chiare su che vino vuole produrre, e spesse volte sono anche un ottimo mezzo per investigare e capire di cosa ha realmente bisogno il vino".

Quali vitigni si prestano meglio di altri alla vinificazione in anfora?

"Per mia esperienza i grandi vitigni autoctoni italiani trovano una meravigliosa espressione nelle anfore in quanto la loro varietalità viene rispettata in profondità, lasciando all’anfora ben utilizzata la possibilità di esaltare le unicità dei grandi vitigni italiani".

Alcuni, anche fra gli addetti ai lavori, attribuiscono all’anfora la responsabilità di prodotti che presentano difetti e talvolta di discutibile bevibilità. Questo non accade con altri materiali. Qual è la vostra opinione? Da cosa deriva questa diffidenza? 

"Come tutti i processi produttivi vanno gestiti con conoscenza, coraggio e ispirazione. Non ho trovato nell’anfora una difficoltà o un rischio maggiori rispetto all’uso del legno anzi molto spesso con le uve degli ultimi anni trovo nelle anfore grandi potenzialità di qualità meglio gestibile che nei legni. L’anfora è uno strumento e non il fine, ma è un andante ben conosciuto dai bravi viticoltori per i quali il fine ultimo del loro lavoro è il racconto del proprio territorio attraverso il bicchiere di vino includendo in questo le molte possibilità tecniche tra cui le anfore". 
Adriano Zago, agronomo ed enologo, consulente in agricoltura biodinamica.
Nel 2019 fonda il primo Master Internazionale in biodinamica per il vino, Cambium Formazione, con edizioni svolte in Italia e all'estero. Parallelamente continua la sua attività di ricerca e docenza in Biodinamica collaborando con le Università di Padova, Firenze, Fondazione Mach, istituti ed associazioni internazionali. 

www.cambiumfarm.com

Francesco Bartoletti

Quando si parla di anfore oggi le parole d’ordine sembrano essere provare, sperimentare e adattare. Quanto il produttore che utilizza le anfore è legato a una filosofia di produzione o piuttosto a un preciso obiettivo enologico?

"L’anfora rappresenta in modo forte la filosofia produttiva di molti viticoltori e produttori di vino in quanto porta con sé la storia del trasporto e della conservazione del vino nell’antichità. Inoltre la tradizione Georgiana che è fortemente legata alla terracotta è lunga 8000 vendemmie, tutto questo è una vera e propria filosofia produttiva. Sicuramente accanto alla filosofia c’è anche tanta sostanza che vede l’anfora protagonista con le sue caratteristiche che sono ottimali per rispettare l’identità del vitigno e favorirne la maturazione".

Per chi lavora in regime biologico o biodinamico, la terracotta ha portato tanti produttori nel mondo ad avvicinarsi a questo materiale. Cosa in particolare ne ha incoraggiato il suo utilizzo? E cosa, invece, può spingere all'utilizzo della terracotta chi fa una produzione convenzionale?

"La diffusione dell’anfora tra i produttori biologici e biodinamici è da ricercare nella storia di questo materiale nella storia del vino ma sopratutto dalla possibilità di lavorare con un contenitore che permette  al vino di evolversi e non interferire con gli aspetti aromatici come per esempio fa il legno. Questa purezza espressiva dei vini in anfora piace a moltissimi produttori, la valorizzazione delle loro uve senza interferenze da parte del contenitore è alla base dell’utilizzo delle anfore. Il produttore convenzionale può vedere l’anfora come uno strumento enologico per affinare i vini che hanno bisogno di ossigeno e per evitare possibili eccessi di legno sopratutto quando vengo fatti i blend. Quindi posso affinare una parte del vino in legno e una parte in terracotta proprio per trovare il giusto equilibrio nel vino finale".

Per il rapido affermarsi del vino in anfora che peso ha avuto la capacità di differenziarsi sul mercato rispetto a una certa stanchezza gustativa legata ai vini invecchiati nel legno?

"Più che stanchezza gustativa dei vini affinati in legno parlerei di eccessi di legno e di squilibri. In realtà il legno ha sempre un ruolo fondamentale nell’evoluzione di molti vini, ma l’anfora oggi ha permesso di capire ai produttori e ai consumatori che è possibile far maturare un vino senza alterare il suo profilo olfattivo a causa del contenitore. Il successo dell’anfora è sicuramente legato alla massima valorizzazione del vitigno e quindi in una fase un po' critica per gli eccessi di legno si è aperta una strada importante per la terracotta".

Il produttore che utilizza le anfore è cosciente delle differenze tra terracotta, materiali ceramici e gres?

"Sicuramente c’è ancora molta confusione su questo argomento, sopratutto per ragioni di marketing e per un utilizzo troppo generale del termine anfora. Per chiarire la questione possiamo affermare che la terracotta che in genere sottoposta a cottura tra 900 e 1050 gradi centigradi che consente un passaggio di ossigeno  certo e certificato da diverse sperimentazioni. Tutti i materiali sottoposti a cottura oltre queste temperature ( 1200 e oltre ) vanno verso chiusure dei pori che li portano sulle tipologie dei materiali ceramici e del gres, quindi con ridottissime o assenti possibilità di ossigenare. Di conseguenza è fondamentale capire se l’anfora che si acquista è fatta con terracotta oppure con altre tipologie di materiale".

Quali vitigni si prestano meglio di altri alla vinificazione in anfora?

"Per la mia esperienza alcuni vitigni che hanno dato prova di apprezzare molto la terracotta sono tra i bianchi il Trebbiano Toscano, il Procanico in Umbria  e l’Asprinio di Aversa in Campania. Per quanto riguarda i rossi ho visto ottimi risultati sul Sangiovese, Syrah e Montepulciano d’Abruzzo".

Alcuni, anche fra gli addetti ai lavori, attribuiscono all’anfora la responsabilità di prodotti che presentano difetti e talvolta di discutibile bevibilità. Questo non accade con altri materiali. Qual è la vostra opinione? Da cosa deriva questa diffidenza? 

"Direi che non è assolutamente corretto attribuire ad un contenitore i problemi del vino se non in presenza di serbatoi, anfore o contenitori in legno che sono palesemente danneggiati o contaminati. Può invece accadere il fatto che uno strumento come l’anfora incontri molto il mondo del vino cosiddetto naturale e come spesso accade l’approccio di questi produttori è tale che risulta difficile mantenere le caratteristiche organolettiche del vino in modo corretto. Sopratutto le attività batteriche non controllate portano i vini a numerosi problemi olfattivi ma l’Anfora ovviamente non ha nessuna responsabilità bensì è la tipologia di processo produttivo che si è scelto di seguire che porta a dei palesi difetti del vino oppure a degli odori considerati sgradevoli".
Francesco Bartoletti, enologo consulente, membro del Gruppo Matura. www.francescobartoletti.net
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