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🌷 MARZO 2024 🌷

Ciao! Nella newsletter di questo mese parleremo di teorie di pianificazione urbana per una città più accessibile. Troverai notizie, articoli interessanti, letture stimolanti e molto altro ancora.

Buona lettura!

Alessandra & Valeria
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🏘️ Un quarto d'ora di gloria

Negli ultimi dieci anni, in tutto il mondo le persone che abitano in città sono diventate la maggioranza. Circa il 22% di loro vive in insediamenti urbani con più di un milione di abitanti e il 6,4% in città con oltre 10 milioni di abitanti. Le prime 15 città al mondo per numero di abitanti contano più di 20 milioni di persone.

Già nel secondo dopoguerra in Occidente si era vista una tendenza simile, per cui molte persone si spostarono dalle campagne alle città in cerca di opportunità di lavoro e condizioni di vita migliori. La produttività e il consumismo erano alla base della costruzione della città, come spazio non strettamente al servizio delle persone residenti, bensì pensato per ospitare fabbriche e insediamenti produttivi.

In tempi più recenti si è cominciato a riflettere su come le città moderne escludano gran parte della popolazione, invece di accoglierla. Più la città sviluppa il suo metabolismo socio-economico, infatti, più attrae persone e più si radicano povertà ed esclusione sociale. Si tende a sviluppare la creazione di interi quartieri che vengono considerati pericolosi e problematici


È importante diffondere una cultura urbana che riporti la città al servizio di chi la abita e non il contrario. Uno dei concetti più noti in questo senso è quello della cosiddetta “Città dei 15 minuti”, teorizzato da Carlos Moreno nel 2015.

Per Moreno, professore alla Sorbona di Parigi, la città ideale dovrebbe essere strutturata in modo da permettere alle persone di accedere a tutti i servizi principali (lavoro, salute, commercio, istruzione, intrattenimento) in non più di 15 minuti a piedi o in bici. Moreno parla del concetto di vicinanza in termini sia di spazio sia di tempo, sostenendo che una "Città dei 15 minuti" ridurrebbe lo spazio e il tempo necessari per lo svolgimento delle attività quotidiane. In questo modo, la città diventerebbe più accessibile e la qualità della vita sarebbe molto più elevata.
The 15-minute city, TED di Carlos Moreno, ottobre 2020. Su YouTube sono disponibili i sottotitoli in varie lingue, anche in italiano.
La struttura di questo modello ha quattro componenti: densità, prossimità, diversità e digitalizzazione. La diversità si riferisce alla possibilità di utilizzare uno stesso spazio per più di uno scopo e ai quartieri multiculturali, che migliorerebbero l'esperienza urbana e aumenterebbero la partecipazione della comunità al processo di pianificazione degli spazi. La digitalizzazione è un altro aspetto chiave: Moreno sostiene che la quarta rivoluzione industriale abbia ridotto la necessità di pendolarismo grazie all'accesso a tecnologie come la comunicazione virtuale, il lavoro da remoto e lo shopping online. 

Moreno parla di quanto sia problematico dare importanza solo all’automobile come strumento principale e centrale dell’assetto urbano, ignorando le conseguenze legate all'impatto su clima e ambiente. Spostarsi da solə in automobile per Moreno diventa non solo causa di inquinamento, bensì anche un’appropriazione dello spazio pubblico a scapito del bene comune. Viali, parcheggi e incroci sono riservati alle automobili quando potrebbero essere recuperati e trasformati per donarli ai pedoni, moltiplicando le fonti di vegetazione e acqua per la città. Secondo questa teoria, inoltre, le piante non dovrebbero essere solo relegate ai parchi, dovrebbero bensì far parte della vita quotidiana, rendendo anche più sana l’aria da respirare.

Le piazze dovrebbero essere più accessibili e tornare ad essere un luogo dove stringere legami. Se lo spazio pubblico continua ad essere occupato principalmente dalle automobili, questo non è possibile. La macchina però continua ad essere ancora il mezzo di trasporto più utilizzato dalle persone, proprio perché, per come sono strutturate le città, nella maggior parte dei casi non si ha accesso ai servizi necessari in uno spazio abbastanza limitato da poterci arrivare a piedi o in bici. Ecco, quindi, che il modello della “Città dei 15 minuti” torna ad essere una proposta interessante.

Il numero 11 tra gli Obiettivi dell’ONU per lo Sviluppo Sostenibile indica proprio l’impegno a rendere le città e gli insediamenti umani più inclusivi, sicuri, resilienti e sostenibili. Moreno ha dichiarato che il suo impegno mira a fare in modo che le amministrazioni promuovano una città in cui l’aria sia respirabile, l’acqua e la biodiversità siano una priorità, le automobili rimangano fuori dal centro e le persone possano riappropriarsi degli spazi pubblici. 



Per approfondire: 

🏆 Un luogo da ricordare

Il quartiere Nordhavn di Copenhagen è stato soprannominato il "quartiere dei 5 minuti”. In questa zona infatti è possibile raggiungere negozi, istituzioni, luoghi di lavoro, strutture culturali e trasporti pubblici in 5 minuti a piedi da qualsiasi punto del quartiere (il mercato immobiliare è però decisamente costoso). Su questo sito è possibile fare un tour virtuale del quartiere.

Profili Instagram da seguire 

Il profilo Safe & Urban (@safeandurban) di Martin Binder, un artista di Berlino specializzato in arte e spazi pubblici, mostra il design ostile di Berlino, basato sulle strategie di esclusione nello spazio pubblico. L'architettura ostile è una strategia di progettazione urbana in cui gli spazi pubblici sono organizzati e costruiti per impedire certe attività o limitarne l'uso da parte di determinate persone o gruppi. Gli esempi più comuni di architettura ostile sono mirati a impedire alle persone di sedersi o sdraiarsi.

Nei suoi video, Binder mostra ulteriori esempi: ad Alexanderplatz ci sono panchine così arrotondate che sedersi diventa scomodo, mentre nella stazione della metro di Savignyplatz sono state poste installazioni neon sotto un ponte spesso utilizzato per dormire da chi non ha una casa, poiché fornisce uno spazio asciutto e relativamente riparato.

Tutto questo rende la città meno fruibile e accessibile e per Binder si nota chiaramente come lo spazio pubblico sia sempre più influenzato dagli interessi legati al consumo e alle aziende private, coinvolte sempre di più nella progettazione dello spazio pubblico. Le città, afferma Binder, dovrebbero invece essere progettate soprattutto per le persone che le abitano, senza escludere nessun gruppo.

Vi consigliamo di leggere questo articolo (in tedesco, ma facilmente traducibile con Google) per conoscere più nel dettaglio questo progetto. 

 📝 Solo un appunto...

Facciamo tuttə esperienza della città nella stessa maniera?

Nel suo libro Invisibili, Caroline Criado-Perez dedica un intero capitolo alla costruzione delle città moderne, che in numerosi aspetti della loro struttura non tengono in considerazione le donne. A livello statistico, infatti, uomini e donne vivono la città in maniera diversa.

Criado-Perez spiega che le donne camminano di più o usano mezzi pubblici per spostarsi in città. Gli uomini, invece, tendono a usare la macchina per un tragitto lineare, spesso casa-lavoro, da fuori città verso il centro. Le donne, secondo i dati riportati da Criado-Perez, tendono a viaggiare seguendo un modello più complicato: visto che in media si occupano del 75% del lavoro di cura non retribuito in famiglia, è comune che portino i figli a scuola, si occupino di fare visita ad un genitore anziano o facciano la spesa prima di rientrare a casa dal lavoro. Questo tipo di spostamento si chiama “trip-chaining”, una serie di piccoli viaggi connessi tra loro che sono stati osservati e che sono in comune con la maggioranza delle donne nel mondo. 

Un esempio citato da Criado-Perez nel suo saggio è la città svedese Karlskoga, in cui l’amministrazione locale si rese conto che la modalità con cui si spazzava la neve per strada aveva un risvolto sessista. Il semplice fatto di dare la priorità ai marciapiedi e ai tratti popolari per il trasporto pubblico nel togliere la neve, invece che dare la priorità alle strade principali per le auto, ha avuto una conseguenza inaspettata. Gli ospedali hanno immediatamente registrato un notevole calo degli infortuni causati dalla caduta dei pedoni durante l’inverno, la cui maggioranza erano donne (il 69%). Modificare il programma di pulitura delle strade ha quindi portato a meno infortuni più o meno gravi e addirittura a un risparmio nell’area dell’assistenza sanitaria.

Criado-Perez precisa che l’amministrazione svedese non aveva mai intenzionalmente deciso di avvantaggiare gli uomini e creare danni alle donne, ma che semplicemente nessuno aveva mai messo a fuoco la questione. Il campo dell’urbanistica, come molti altri, è composto in maggioranza da uomini, come spiega Criado-Perez, e questo fa sì che le decisioni che vengono prese siano necessariamente di parte, per quanto in modo inconsapevole. In ogni caso, la mancanza di interesse, di fondi e di studi per la costruzione di una città e di una rete di trasporti “gender neutral” porta al non vedere problemi che affliggono la metà della popolazione.


Per approfondire:

Abbiamo portato un esempio di come uomini e donne facciano esperienza della città in modo diverso, ma esistono molte altre categorie di persone che non vengono considerate “lo standard”. Abbiamo notato con piacere che ultimamente sono stati pubblicati diversi libri che affrontano questo tema. Ve ne proponiamo alcuni:

🎙️Tra intrattenimento e denuncia sociale

In questa puntata del podcast Amare Parole, la sociolinguista Vera Gheno spiega il concetto di domicidio”, ovvero la distruzione di massa di abitazioni per rendere un territorio inabitabile. Esempi recenti sono la distruzione delle case ad Aleppo durante la guerra civile siriana, degli insediamenti Rohingya in Myanmar e di Mariupol in Ucraina. La questione è tornata centrale in queste ultime settimane a causa della distruzione di più di un terzo delle case di Gaza da parte dell’esercito israeliano.

In questo articolo del Guardian, Hugh Lovatt, del Consiglio Europeo per le Relazioni Estere, ha suggerito che Israele stia “deliberatamente e metodicamente distruggendo le istituzioni civili e le infrastrutture che saranno necessarie per governare e stabilizzare la Gaza post-bellica”, rendendo Gaza un luogo in cui è temporaneamente o permanentemente impossibile vivere.

💡 Questo mese consigliamo anche... 

La nostra newsletter di novembre 2021 Vivere ai margini, in cui abbiamo affrontato l'argomento della crisi abitativa nelle città, il problema degli affitti ed il diritto alla casa in un'ottica femminista
Ci piacerebbe poter incontrare tuttə voi che avete letto fin qui e ringraziarvi di persona, magari davanti a un caffè. Se la nostra newsletter vi è piaciuta e vorreste offrircelo voi, potete farlo in modo virtualegrazie in anticipo per ciò che ci permetterete di costruire!
Appunti è un progetto nato e curato da Alessandra Tosi e Valeria Rapa, compagne di università diventate amiche scambiandosi proprio degli appunti: ciò che mancava ad una lo aveva l’altra, rimanendo sempre sulla stessa linea d’onda. Dalle lezioni ai temi sociali e culturali il passo è stato breve: anche se a distanza, Alessandra e Valeria non perdono mai occasione di scambiarsi idee, consigli e opinioni sul mondo che le circonda.
ALESSANDRA TOSI
Nata e cresciuta nella nebbiosa provincia di Asti, scopre un mondo nuovo grazie alla laurea in Lingue e all'Erasmus in Inghilterra. Si trasferisce a Berlino e frequenta l'università Humboldt, ma non dimentica l'Italia, in cui torna ogni due mesi. Scrive la propria tesi magistrale sui richiedenti asilo e il sistema di accoglienza in Europa. Sogna di cambiare il mondo, ma ha sempre sonno.

VALERIA RAPA
Nasce a Torino nel 1995, con due mesi d’anticipo. È laureata in Lingue e lavora in un contesto internazionale, grazie a cui ogni giorno si relaziona con persone di tutto il mondo. Ha un debole per i carboidrati e per le storie raccontate bene. Le sue attività preferite sono cantare, leggere e combattere il patriarcato.
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