«Mi chiamano loro quando hanno bisogno?». Si sente anche questo all'ufficio Anagrafe di Asti quando, dopo aver fatto la Carta di identità, viene posta la domanda: «Vorrebbe essere iscritto all'albo dei donatori di organi?».

A fare riflettere, su una scarsa informazione che pone la città fra le ultime per numero di potenziali donatori, è stata l'interrogazione presentata dal consigliere comunale, Toni Falletta (Lista Rasero) nell'ultimo Consiglio: «Non è una questione politica ma trasversale su cui occorre portare l'attenzione e stimolare un dibattito».

Secondo Falletta il problema non è la mancanza di generosità o empatia degli astigiani ma la carenza di informazioni: «È un problema lontano fino a quando non ci tocca da vicino». Cosa fare del proprio corpo e dei propri organi dopo la morte? «I dati dell'ufficio anagrafe sono chiari: oltre il 55% delle persone a cui, all'atto della Carta d'identità è stato chiesto hanno risposto non so».

Nel 2019, su 9227 Carte d'identità emesse solo 2156 hanno dato l'assenso all'espianto (23,36%). Negli anni del Covid, quando la morte era presente nei pensieri di tutti insieme al bisogno di aiutare il prossimo, c'era stato il «boom» con quasi il 27% di «si» nel 2020 e il 28% del 2021.

Nel 2022 si è ritornati ai dati del 2019 con 9.682 documenti emessi che sono sfociati in 2391 adesioni, circa il 25%. Una percentuale bassa. «Un donatore di organi – sottolinea Falletta – può aiutare a migliorare le condizioni di vita di altre nove persone, secondo le statistiche».

Interviene anche il presidente della Regione, Alberto Cirio. «La donazione è il gesto d’amore più grande che esista perché è gratuito – dice Cirio - si dona un po’ di sé al prossimo, senza sapere nemmeno a chi, spesso salvando delle vite». La Regione ogni anno scrive ai neo diciottenni per ricordare l’importanza della donazione. «Per quanto nell’età della giovinezza l’esigenza di sangue o di organi possa sembrare un orizzonte lontano – sostiene Cirio - è importante che la cultura della donazione si diffonda anche tra i più giovani come abitudine alla cura del prossimo». Il Piemonte è 11° tra le regioni italiane, con il 67,9% di consensi alla donazione, in linea con la media nazionale che si attesta sul 68,2% con il 72% in Italia-

La provincia di Asti è 76ª a livello nazionale.

Tra i comuni il più generoso per donazione di organi in regione è Alagna Valsesia, in provincia di Vercelli, con un tasso di consensi dell’87,3% con un'astensione del 14,6%: un dato che gli è valso il primato regionale davanti a Benevello (Cuneo) e Cella Monte (Alessandria). Verbania, invece è la migliore tra le province piemontesi nel complesso, 18ª su 107 a livello nazionale, mentre Biella è 31ª, Cuneo 38ª, Torino 39ª, Novara 44ª, Vercelli 68ª, Asti 76ª e Alessandria 84ª.

I motivi per così poche donazioni sono disparati. «Siamo sicuri che mi espiantino gli organi solo dopo morto?» È questo il timore più diffuso tra chi è contrario.

Altra paura: «Magari hanno fretta di recuperare i miei organi e non guardano troppo per il sottile», la sfiducia nei medici, ben tre che per ben due volte constateranno la morte, è presente anche se non giustificata.

Poi: «Non mi sono mai posto il problema e nel dubbio dico no» sono in molti a rispondere così, a una domanda incalzante, posta in un luogo in cui non ci si aspetta di dover parlare della propria morte. «Comprensibile – dice Falletta – per questo l'assessore Boccia, attento a queste dinamiche è intervenuto con varie iniziative che coinvolgono gli psicologi». Il consigliere prosegue: «Una decina di anni fa il problema mi ha toccato personalmente: una persona a me cara era in una di quelle lunghissime liste, in attesa di una donazione di organi, mai arrivati per lui».

Angela Motta, referente provinciale di Italia Viva, è molto sensibile a questi temi: «Intanto sono una donatrice - precisa - convinta della scelta fatta». Una scelta di vita: «La proposta è di allargare il campo dell'informazione anche oltre gli uffici dell'Anagrafe, con campagne che coinvolgano l'intera cittadinanza magari con l'aiuto dell'Ordine dei Medici – sostiene Motta – non credo che la bassa percentuale sia dovuta a scarsa empatia ma a scarsa informazione». Un argomento che si conosce poco e quello che si conosce poco fa paura: «Molti scelgono di donare il sangue, troppo pochi scelgono di donare gli organi – conclude Motta – eppure i numeri dovrebbe equivalersi».

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